LE RAGIONI DELL’ANTIGRUPPO DI NAT SCAMMACCA

 

 

LE RAGIONI DELL’ANTIGRUPPO DI NAT SCAMMACCA

Che la forma sia l’e­stensione del contenuto. in verità, diventa la bara dei suoi scritti.

Soltaneto quegli scrittori che riescono a superare le costri­zioni di forma su vivono e generalmente, sono coloro che per la propria sponta­neità e per la ricchezza del proprio individualismo non possono conformarsi alle regole. Più la forma è com­plicata e stabilita a priori meno il poeta riesce a sop­portare il peso del tempo.

A questo punto, lo scrit­tore di avanguardia fa le sue obiezioni e dice: «la lingua stessa è forma e perciò bisogna distruggere questa lingua se vogliamo distrug­gere tutto il modo di pen­sare dettato da una socie­tà capitalistica che fino ad oggi prevale nel nostro paese». Ma questo è un ragio­namento da sofisti, perché agire così significherebbe annullare la propria esistenza, annullare le esperienze accumulate attraverso ge­nerazioni, attraverso mi­gliaia e migliaia di anni; si giustificherebbe volere igno­rare la ricchezza che l’uo­mo ha accumulato durante le epoche della sua esisten­za.

In verità, se gli scrittori italiani di avanguardia fossero coerenti con se stessi, allora, per logica, non po­trebbero permettersi nem­meno di ragionare con la lingua tradizionale-capitalistica. Ammetto che anche questo mio ragionamento diventa saffismo, ma mi ci costringono proprio quelli dell’avanguardia ogni volta che riesco a metterne uno con le spalle al muro.

Credo, però, che la cosa debba essere vista sotto due aspetti; uno sociologi­co e l’altro psicologico. Se in questo istante l’uomo an nudasse le parole, la lin­gua, tutti i mezzi con i qua li descrive e conosce il suo ambiente egli, non soltanto distruggerebbe la lingua ma anche l’umanità. Se lo uomo non potrà più farsi intendere dicendo ’’porta” perché l’idea della parola ’’porta” è stata distrutta, i non potrebbe più aprire o chiudere la porta perché avrebbe dimenticato tutta la sua esperienza e il linguag­gio attorno a tale parola. Una settimana sotto simili condizioni e l’umanità tut­ta perirebbe; ecco perciò la utilità della lingua che rap presenta tutto ciò che l’uo­mo ha imparato nel suo mezzo milione di anni sulla terra. Per il rinnovamento della lingua si possono sol­tanto sostituire a quelle? che vogliamo scartare al­tre parole, ma a condizione* che queste nuove parole siano espressioni comuni del popolo. Questo è molto difficile, e gli aderenti al gruppo di avanguardia 63 dimenticano che non c’è scrittore nella storia che abbia potuto da solo creare un nuovo linguaggio; il po­polo, invece, può farlo. Dal lato psicologico, sappiamo che le parole sono abitudi­ni, ma non abitudini acqui site attraverso impulsi ri­masti ciechi, ma impulsi che sono resi intelligenti da queste abitudini. E’ chiaro che molti scrittori della avanguardia vogliano con proposte intellettuali espri­mere nelle loro opere cie­chi impulsi. E qui ci trovia­mo dinanzi a una forte

contraddizione perché, o ci si abbandona completamente ad una espressione impul­siva, scendendo perciò, nel profondo del proprio io per diventare orribili vermi che strisciano nel fango del sesso, uno stato assurdo nel quale nessuno animale o uomo potrebbe rimanere e su vivere – oppure si rima­ne ipocritamente sotto la guida dell’intelletto agendo falsamente, perché lo scrit­tore intelligente che non si abbandona ai propri im­pulsi non può esprimerli co me veramente essi sono, ma ne esprimerebbe soltaneto una copia.

L’unica speranza che ri­mane allo scrittore è per­ciò quella di sublimiare questi impulsi e istinti del proprimo io, riconoscendo il va­lore di essere soggetto pro­prio quando questi impulsi si imbattono in un oggetto esterno, dando inizio ad  esperienza, e l’esperienza che ripetuta diventa abitu­dine, abitudine utile  e ne­cessaria che non possiamo distruggere. Per conclude­re, l’individuo acquisisce queste abitudini e queste esperienze e, nella scelta per preferire l’una o l’altra abitudine, egli diventa uo­mo intelligente. Questa scelta, a sua volta, sarà mol­to indicativa perché, se la forma delle sue parole-a­bitudini è rigida, egli sarà capace di esprimersi spon­taneamente; se queste abi­tudini – parole – esperienze sono radicate in lui debol­mente, allora l’individuo balbetterà e non sarà ca­pace di esprimersi, perché non sa quale parola-abitu­dine ripetere; non potreb­be essere, perciò, mai un grande scrittore.

Un contadino impara le sue abitudini e per questa ragione è incapace di af­frontare una nuova situa­zione che richiede abitu­dini più elastiche, meno ri­gide e perciò più adattabi­li e modificabili secondo il problema che si deve risol­vere. Naturalmente, quan­do per abitudine si fa sem­pre la stessa cosa e poi, di colpo, ci si trova davanti a una situazione nuova che richiede un adattamento delle proprie abitudini e una nuova combinazione di esse, si rimane incapaci ad adattarsi. Lo stesso dicasi per i muscoli. Un sollevato­re di pesi, ad esempio, è il peggiore giocatore di pallacanestro, perché i suoi mu­scoli, hanno preso l’abitudi­ne di una continua ripeti­zione, mentre il gioco della pallacanestro richiede muscoli che sappiano affrontare nuove situazioni. La stessa cosa vale anche per lo scrittore e le sue parole e le sue frasi che devono essere elastiche ed imparate tanto bene da dare vita ad espressioni spontanee, se invece egli non è completamente padrone di tali espressioni e dovrà cercarle come se si trovasse in una stanza buia dove vuol catturare un gatto nero che non c’è.

Voglio dire con ciò che la anima umana è la somma del suo linguaggio; toglie­te il linguaggio dall’uomo e avrete distrutto l’indivi­duo umano perché egli sa­rà costretto a ritornare be­stia cieca e a servirsi sol­tanto di impulsi ciechi per risolvere i problemi che gli premono. L’uomo, forse istintivamente è dotato di certe facoltà che gli fanno riconoscere le forme belle esistenti nel mondo. Esiste, come sembra, nell’indivi­duo stesso una naturale guida che va incoraggiata, ma alla quale non si può det­tare legge; come prova la psicologia Gestald. Ci sono certe forme naturali di tri­angoli o di cerchi che so­no belli perché l’uomo li ve de belli. C’è un accordo che non dipende dalla capacità acquisita, istruita ed esper­ta. E allora, quale sarebbe il modo di incoraggiare nell’uomo tale guida naturale? Dando fiducia a tutti, allo operaio, al contadino, allo uomo semplice, sul concet­to che egli ha di ciò che è bello e non costringerlo ad ascoltare forme a priori, nel momento in cui tende di creare una nuova espressione che si esprime con tutto il suo essere in un momento di estasi totale sen­za essere ostacolato da pa­role che non conosce perché poco usate. Sicuramen­te quello che sto dicendo è in netto contrasto con le opinioni create falsamente e ingannevolmente dalla stampa capitalistica e spe­cialmente dai critici che, con abilità e con ogni mez­zo, cercano di formare una opinione di massa che è sempre conveniente al gruppo che controlla la stampa. Inevitabilmente, coloro che sono stati capa­ci di evitare questo ingan­no disprezzano chi si è la-, sciato ingannare; essi fan-! no un grave errore, perché non capiscono che gli stes­si mezzi impiegati dai gruppi di controllo sono i soli mezzi per raggiungere l’o­recchio degli uomini sem­plici, e se essi vogliono ri­mediare al danno, devono usare questi stessi mezzi e questo stesso linguaggio.

Ma ritornando al conte­nuto e alla forma di un’o­pera dobbiamo ammettere che la migliore espressione artistica si ha quando le abitudini dell’uomo sono molto plastiche e si plasma no spontaneamente e in brevissimo tempo, essendo esse il tessuto del contenu­to che si congela natural­mente sulla pagina –

(Segue in 4. pag.)NAT SCAMMACCA