Ciclostile Cane La Sfida

… e della montagna di Nina Scammacca

e della montagna

La povertà dei siciliani è stata cosa risaputa, specialmente dopo clic l’Italia incluse l’Isola nel suo regno (vedi «Storia Medioevale di Sicilia). Strade non se ne fecero più e quelle che i Borboni stavano costruendo furono lasciate in asso, quelle esistenti non furono più riparate e si dice che in alcuni paesi si dimenticò quasi l’uso delle ruote dato che si poteva solo andare a piedi o a dorso di mulo guadando fiumi e ruscelli. C’è chi racconta che non si mangiava pasta ogni giorno perché cucinare era un lusso e molti siciliani, sicuramente, sarebbero morti di fame se non avessero avuto la posslbilità di andare a raccogliere cicoria e babbaluci in montagna. A proposito di montagna, per buona ragione hanno  recentemente recintato una  larga fascia di montagna proprio davanti alla mia casa, alle falde di Erice, dove si trova la casa di Ricevuto e mentre gli operai della forestale stavano lavorando ricordandomi delle abitudini di tutto il vicinato di andare in montagna a raccogliere cicoria e babbaluci, chiesi: «E ora come faranno quelli che vengono sù per la montagna a raccogliere cicoria e babbaluci?». E senza un momento di esitazione, perché queste cose le sanno bene gli operai-contadini della forestale, uno di loro mi rispose: «Salteranno il filo spinato».

Solidale ad abitudini e tradizioni non disse: «Non potranno entrare perché è vietato dalla legge». Una cosa sono le norme della società moderna e un’ altra sono i concittadini che ancora si cibano di cicoria e babbaluci. Infatti, ora che ci penso, ho letto che molti studiosi inglesi hanno notato che al contrario delle popolazioni cittadine che soffrono la fame, i siciliani non hanno mai sofferto di rachitismo, anche se molti sono rimasti bassi.

I siciliani godono di ottima salute. Cicoria e babbaluci hanno tenuto lontane quelle malattie che la povera gente prende nelle città di cui soffrono invece i siciliani emigrati. E’ rimasta così inculcata l’abitudine di mangiare cose tanto semplici che, pur con le possibilità economiche che consentono di mangiare meglio, i vecchi continuano a risparmiare e a mettere da parte quella magra pensione che percepiscono per legge ogni due mesi.

II nonno del mio amico, certo Salvatore Cocuzza, i suol risparmi non li depositò in banca. ma li tenne chiusi in una scatola sulla «buffetta», una scatola che era vecchia tabacchiera.

Un giorno, domenica era, ritiratosi con la moglie da una visita di lutto apre la porta e trova la sua casa a soqquadro, cassetti aperti, biancheria sparse sul pavimento, materassi rovistati.

La nonna gridò: «Aiuto, i soldi e la tredicesima presa ieri mattina alla posta, cunsumatì semu!». Ma non fu così perché i ladri ovunque avevano cercato e guardato, ma non nella tabacchiera che era sotto il loro naso, là sulla buffetta. «Meno male», disse la nonna ai figli. « i ladri i soldi non li hanno trovati».

E il nonno rivolgendosi al nipote neo-giornalista «Una cosa sula mi rispiaci, chi ora sti ladri vannu ricennu che semu vcramentì morti di fami».

NINA SCAMMACCA

LE RAGIONI DELL’ANTIGRUPPO DI NAT SCAMMACCA

 

 

LE RAGIONI DELL’ANTIGRUPPO DI NAT SCAMMACCA

Che la forma sia l’e­stensione del contenuto. in verità, diventa la bara dei suoi scritti.

Soltaneto quegli scrittori che riescono a superare le costri­zioni di forma su vivono e generalmente, sono coloro che per la propria sponta­neità e per la ricchezza del proprio individualismo non possono conformarsi alle regole. Più la forma è com­plicata e stabilita a priori meno il poeta riesce a sop­portare il peso del tempo.

A questo punto, lo scrit­tore di avanguardia fa le sue obiezioni e dice: «la lingua stessa è forma e perciò bisogna distruggere questa lingua se vogliamo distrug­gere tutto il modo di pen­sare dettato da una socie­tà capitalistica che fino ad oggi prevale nel nostro paese». Ma questo è un ragio­namento da sofisti, perché agire così significherebbe annullare la propria esistenza, annullare le esperienze accumulate attraverso ge­nerazioni, attraverso mi­gliaia e migliaia di anni; si giustificherebbe volere igno­rare la ricchezza che l’uo­mo ha accumulato durante le epoche della sua esisten­za.

In verità, se gli scrittori italiani di avanguardia fossero coerenti con se stessi, allora, per logica, non po­trebbero permettersi nem­meno di ragionare con la lingua tradizionale-capitalistica. Ammetto che anche questo mio ragionamento diventa saffismo, ma mi ci costringono proprio quelli dell’avanguardia ogni volta che riesco a metterne uno con le spalle al muro.

Credo, però, che la cosa debba essere vista sotto due aspetti; uno sociologi­co e l’altro psicologico. Se in questo istante l’uomo an nudasse le parole, la lin­gua, tutti i mezzi con i qua li descrive e conosce il suo ambiente egli, non soltanto distruggerebbe la lingua ma anche l’umanità. Se lo uomo non potrà più farsi intendere dicendo ’’porta” perché l’idea della parola ’’porta” è stata distrutta, i non potrebbe più aprire o chiudere la porta perché avrebbe dimenticato tutta la sua esperienza e il linguag­gio attorno a tale parola. Una settimana sotto simili condizioni e l’umanità tut­ta perirebbe; ecco perciò la utilità della lingua che rap presenta tutto ciò che l’uo­mo ha imparato nel suo mezzo milione di anni sulla terra. Per il rinnovamento della lingua si possono sol­tanto sostituire a quelle? che vogliamo scartare al­tre parole, ma a condizione* che queste nuove parole siano espressioni comuni del popolo. Questo è molto difficile, e gli aderenti al gruppo di avanguardia 63 dimenticano che non c’è scrittore nella storia che abbia potuto da solo creare un nuovo linguaggio; il po­polo, invece, può farlo. Dal lato psicologico, sappiamo che le parole sono abitudi­ni, ma non abitudini acqui site attraverso impulsi ri­masti ciechi, ma impulsi che sono resi intelligenti da queste abitudini. E’ chiaro che molti scrittori della avanguardia vogliano con proposte intellettuali espri­mere nelle loro opere cie­chi impulsi. E qui ci trovia­mo dinanzi a una forte

contraddizione perché, o ci si abbandona completamente ad una espressione impul­siva, scendendo perciò, nel profondo del proprio io per diventare orribili vermi che strisciano nel fango del sesso, uno stato assurdo nel quale nessuno animale o uomo potrebbe rimanere e su vivere – oppure si rima­ne ipocritamente sotto la guida dell’intelletto agendo falsamente, perché lo scrit­tore intelligente che non si abbandona ai propri im­pulsi non può esprimerli co me veramente essi sono, ma ne esprimerebbe soltaneto una copia.

L’unica speranza che ri­mane allo scrittore è per­ciò quella di sublimiare questi impulsi e istinti del proprimo io, riconoscendo il va­lore di essere soggetto pro­prio quando questi impulsi si imbattono in un oggetto esterno, dando inizio ad  esperienza, e l’esperienza che ripetuta diventa abitu­dine, abitudine utile  e ne­cessaria che non possiamo distruggere. Per conclude­re, l’individuo acquisisce queste abitudini e queste esperienze e, nella scelta per preferire l’una o l’altra abitudine, egli diventa uo­mo intelligente. Questa scelta, a sua volta, sarà mol­to indicativa perché, se la forma delle sue parole-a­bitudini è rigida, egli sarà capace di esprimersi spon­taneamente; se queste abi­tudini – parole – esperienze sono radicate in lui debol­mente, allora l’individuo balbetterà e non sarà ca­pace di esprimersi, perché non sa quale parola-abitu­dine ripetere; non potreb­be essere, perciò, mai un grande scrittore.

Un contadino impara le sue abitudini e per questa ragione è incapace di af­frontare una nuova situa­zione che richiede abitu­dini più elastiche, meno ri­gide e perciò più adattabi­li e modificabili secondo il problema che si deve risol­vere. Naturalmente, quan­do per abitudine si fa sem­pre la stessa cosa e poi, di colpo, ci si trova davanti a una situazione nuova che richiede un adattamento delle proprie abitudini e una nuova combinazione di esse, si rimane incapaci ad adattarsi. Lo stesso dicasi per i muscoli. Un sollevato­re di pesi, ad esempio, è il peggiore giocatore di pallacanestro, perché i suoi mu­scoli, hanno preso l’abitudi­ne di una continua ripeti­zione, mentre il gioco della pallacanestro richiede muscoli che sappiano affrontare nuove situazioni. La stessa cosa vale anche per lo scrittore e le sue parole e le sue frasi che devono essere elastiche ed imparate tanto bene da dare vita ad espressioni spontanee, se invece egli non è completamente padrone di tali espressioni e dovrà cercarle come se si trovasse in una stanza buia dove vuol catturare un gatto nero che non c’è.

Voglio dire con ciò che la anima umana è la somma del suo linguaggio; toglie­te il linguaggio dall’uomo e avrete distrutto l’indivi­duo umano perché egli sa­rà costretto a ritornare be­stia cieca e a servirsi sol­tanto di impulsi ciechi per risolvere i problemi che gli premono. L’uomo, forse istintivamente è dotato di certe facoltà che gli fanno riconoscere le forme belle esistenti nel mondo. Esiste, come sembra, nell’indivi­duo stesso una naturale guida che va incoraggiata, ma alla quale non si può det­tare legge; come prova la psicologia Gestald. Ci sono certe forme naturali di tri­angoli o di cerchi che so­no belli perché l’uomo li ve de belli. C’è un accordo che non dipende dalla capacità acquisita, istruita ed esper­ta. E allora, quale sarebbe il modo di incoraggiare nell’uomo tale guida naturale? Dando fiducia a tutti, allo operaio, al contadino, allo uomo semplice, sul concet­to che egli ha di ciò che è bello e non costringerlo ad ascoltare forme a priori, nel momento in cui tende di creare una nuova espressione che si esprime con tutto il suo essere in un momento di estasi totale sen­za essere ostacolato da pa­role che non conosce perché poco usate. Sicuramen­te quello che sto dicendo è in netto contrasto con le opinioni create falsamente e ingannevolmente dalla stampa capitalistica e spe­cialmente dai critici che, con abilità e con ogni mez­zo, cercano di formare una opinione di massa che è sempre conveniente al gruppo che controlla la stampa. Inevitabilmente, coloro che sono stati capa­ci di evitare questo ingan­no disprezzano chi si è la-, sciato ingannare; essi fan-! no un grave errore, perché non capiscono che gli stes­si mezzi impiegati dai gruppi di controllo sono i soli mezzi per raggiungere l’o­recchio degli uomini sem­plici, e se essi vogliono ri­mediare al danno, devono usare questi stessi mezzi e questo stesso linguaggio.

Ma ritornando al conte­nuto e alla forma di un’o­pera dobbiamo ammettere che la migliore espressione artistica si ha quando le abitudini dell’uomo sono molto plastiche e si plasma no spontaneamente e in brevissimo tempo, essendo esse il tessuto del contenu­to che si congela natural­mente sulla pagina –

(Segue in 4. pag.)NAT SCAMMACCA

Etica – Filosofia – Politica – Letteratura nell’Antigruppo BENE E MALE

BENE E MALE

Ci sono alcune mattine in cui ci svegliamo e scopriamo tale tranquillità posata su una foglia, su ogni palmo del mondo che facilmente entriamo in u- no stato d’animo in cui an che il nostro sentire pensa. E così pensiamo tranquille lamento. Quel calmo ticchettio, quella pioggerellina silenziosa carezza le foglie con un soffice bacio liquido dei cieli, abbraccia la terra con una calma estensione di nuvole e come un balsamo ci tranquillizza e ci fa pensare.

Allora andiamo dà, fuori, sotto la pioggia e respiriamo a pieni polmoni. Quella umidità di mille foglie sembra più dolce del profumo di tutte le puttane di questa terra. È talmente dolce resistenza là sotto la pioggia, sotto i pini, che siamo persino capaci di dividerci in due esseri, due persone. Comincia così un dialogo tra i due io. Uno che vuole contestare e l’atro che vuole difendere ciò che esiste. Si discute io con io.

«Ah! ! ! amico mio che cammini sui soffici aghi di pino, che cosa è il bene? E che cosa è il male?»

L’io numero due risponde: «Ma non lo sai, gran cretino che sei? Il bene è la mammella di una donna, è la terra, è questa pioggerellina, le cose che esistono. Il bene è ciò che non cambia, il bene assoluto. Il male… toglimelo dai piedi, non voglio sentire parlare di male, di morte».

«Ma stupido che non sei altro», dice l’io numero u- no, «come potresti conoscere il bene se non ci fosse il male? E poi potresti essere veramente felice se niente cambiasse? Che sen so avrebbe la vita se non ci fosse la morte? Che sen so avrebbe la legge se non ci fossero i criminali? (Certo non difendo con ciò la esistenza della legge, cioè quello che tu consideri un bene, ma desidero il male, il minimo possibile di leggi perché la riduzione di questo bene permette un altro tipo di bene che a- gli occhi di molti come te rappresenta un male: la felicità nella libertà del caos dove comanda soltanto l’indi vi duo).

Che senso avrebbe ras- soluto se non esistesse questo mondo relativo che cambia sempre? Ma rispondi a questa domanda: Rispondi con calma considerando le cose che ho detto. È necessario il male?

L’io numero due un po’ accigliato riflette e intanto guarda le gocce di diamante appese alle punte degli aghi di pino, medita sulla temporaneità della loro esistenza quasi spaventato che il sole ad un tratto potesse spuntare e asciugarle, facendole sparire una per una, per sempre e per sempre. «Si, è vero, numero uno, quello assoluto che vogliamo, quel non cambio che desideriamo non varrebbe niente se non ci fosse il cambio, il cattivo. Quello che è, implicitamente, indica ciò che non è. Forse questa è l’armonia dell’universo. Se non significa che in ogni caso esistono gli opposti come la sinistra e la destra, ammette per lo meno la necessità dell’indisciplina per fare esistere la disciplina, il disordine per dare senso all’ordine, l’organizzazione quando la disorganizzazione non viene accettata e viceversa, esiste cioè un bilancio dell’esistenza, infatti il mondo non può sempre pendere su un lato». E il numero uno: «Chissà se troppo bene o troppo di una cosa non sia un male! ! !

«E perciò, ammetto», continua il numero due, che il male è necessario per apprezzare il bene. Su questo punto sono pronto a cedere, ma soltanto perché desidero il bene, voglio che Dio esiste altrimenti che cosa sarebbe questa nostra esistenza? Tutto diventerebbe irrazionale. Niente avrebbe senso e queste gocce d’acqua e la vita sarebbero proprio niente. Si, io voglio che Dio esiste che sia assoluto perché soltanto così avrebbe significato la mia esistenza. Vivo e spero di vivere per sempre, magari chissà dove!!!»

menti come potrebbe esistere il bene? E ti dico una altra cosa, amico mio, o meglio, ’io ’mio, non è vero che il bene sia esistito prima del male. Anche i cattolici meno fanatici non ammetterebbero ciò. E ad ogni modo arrivati a questo punto i cattolici lasciano in tronco il discorso per trincerarsi dietro il fanatismo che è il cattolicesimo, dicendo: «io ho fede». E nota, numero due, essi assumono questo atteggiamento a dispetto del fatto che chiunque afferma con certezza assoluta una cosa, è stupido e non sa che le più belle parole sono: «io so di non sapere». Come andrebbe bene questo detto per i cattolici, gli scienziati della relatività, per Einstein stesso! Tutti questi camminano nella loro certezza come se Socrate non fosse mai esistito e non avesse detto quelle parole. Anche l’avanguardia 63 così certa di quello che dice… ma qui è meglio troncare e continuare il nostro discorso. Il punto importante è che nessuno dei due, bene o male, sia esistito prima dell’altro e che tutti e due sono sempre esistiti ed esistono sempre (o non esistono affatto?) in questo mondo che noi conosciamo, in noi stessi. Sempre l’essere e il non essere il cambio e il non cambio. Basta che questo nostro cervello pensa di una cosa e quella cosa esiste soggettivamente.

 NAT SCAMMACCA 

 

Letture di Poesie:Only with a Smile?

Only with a Smile?

 

And man will be good—

Yes, he will do good things

As if the skies were always blue

And as if “profit” were not the only measure of things.

Yes, we shall build together — WE —

And then I shall be you

And you will be me And we shall share our things together

Half for you &

Half for me.

The poor will be rich &

The rich will be poor

They will divest themselves

Of everything they have

Thanking the poor for taking what they have,

With a smile

Only with a smile?

And the governors will come down amongst us to say:

“The laws up there are only halters

Around the necks of the workers

If we all come down

The chain of laws will break

Into a thousand little pieces

And the workers will be free”

And the law of the owners will never exist again

And they will turn their pockets inside out

Not hiding anything

And they will point at one another and say:

“We have stolen the land and its produce.

Now we shall give it all back

Burning all the papers of ownership

And every instrument of possession.

Let the fields from now on

Be open to everyone

And the walls crumble

All over the land and in our minds.

In the cities, the builders of cement

(Columns of power)

Will bash in and bust up their cement mixers

Will wash their dirty hands

Of the Red Blood of White Deaths

Then in columns or alone

They will fan out and return

To the countryside

To the beaches and to the hills with a smile

Only with a smile?

And he who raises up systems and pyramids

Will return to the base

To the provinces

To the outskirts

The demi-god will lose himself

Amongst the people

Joining the “we”

Becoming smaller, always smaller

Eating less

Always less

With a smile

Only with a smile?

And a herald will call up rows of trumpeters

To make the good news reverberate

Throughout the land

On trumpets of gold

And the news will echo everywhere in everyone’s ears

And men will believe

The capitalist is a good man, too,

That the banker doesn’t suck blood

That the bourgeosie does not hate

But loves the worker

And all wrongs

Will be made right

And all the systems of the world

Will wither away

And the establishments will all dissolve into the blue

And you and I, the “we,” will believe

That this all will happen with a smile

Only with a smile?

Letture di Poesie:Soltanto con un sorriso?

Soltanto con un sorriso?

E gli uomini saranno buoni

si, faranno soltanto cose buone

come se i cieli fossero sempre azzurri

e il profitto non fosse misura delle cose.

Costruiamo insieme sì, noi

e allora io sarò te

e tu sarai me

e spartiremo le nostrecose

in parti uguali

ipoverisarannoricchi

e i ricchi si spoglieranno

diventandopoveri

ringraziando chi prende la loro roba con un sorriso

—soltanto con un sorriso?

E i governanti verranno fra noi a dire

la legge lassù è solo un cappio

al collo del lavoratore

se noi scendiamo, le catene-leggi si frantumeranno

si spezzeranno

e il lavoratore sarà libero

la legge padrone non esisterà più

e i padroni rivolteranno le tasche

che non nascondono più niente

s’indicheranno l’un l’altro per dire:

abbiamo rubato la terra e i suoi prodotti

adesso restituiamo tutto

bruciando gli atti e ogni strumento di possesso

che i campi da ora in poi

siano aperti a tutti

e i muri crollino in terra e nelle nostre menti.

Nelle città i costruttori

di palazzi di cemento

—pilastri di pietra e di potere —

fracassino le proprieimpastatrici

si lavino le manisporche

di sangue rosso dei morti bianchi.

Incolonnati o sparsi

a ventaglioritornano in campagna

allespiagge e allecolline con un sorriso

—soltanto con un sorriso?

E coloro che innalzanosistemi e piramidi

ritornano alla base

alle province

allefrange

semi-dei si perderanno

tra la gente unendosi a noi

diventeranno piccoli sempre più piccoli

mangiando meno

sempre meno con un sorriso

—soltanto con un sorriso?

E un araldo convocherà schiere di trombettieri

per far rimbombare la buona notizia

sulla terra con trombe d’oro

e la notizia risuonerà nelle orecchie

e tutti crederanno

che il capitalista è diventato uomo

che il banchiere non succhia più sangue

che il borghese non disprezza

ma ama l’operaio

che tutti i torti del mondo saranno raddrizzati

e tutti i sistemi della terra

appassiranno-sfìoriranno-moriranno

e gli establishments si dissolveranno nel blu

e tu ed io e noi crederemo che tutto succederà con un sorriso

—soltanto con un sorriso?

Letture di Poesie:Rats Rats Rats

Rats Rats Rats

Neuroses, worms that eat the individual Right down to the bone.

Neuroses, elbows that touch elbows

Feet crowding feet

Sardine-stacked cities — the breathing of many

Carbon dioxide asphalt.

The other day — sandy beaches and the sea —

A lonely footprint or two Only the other day.

Cages — the multiplication of buildings It costs less to crowd houses on top of houses Houses crammed in alongside of houses Wall upon wall

It costs less to breathe the same stale air To use the same space.

Rats rats rats — society — thoughts that are all the same Radio television cinema newspapers Thoughts that are always the same.

I am not sick.

You are sick. No, not he, but you.

Who is sick?

You. No, you!

We?

Space is sick.

1 keep these rats in cages And they have multiplied First they were happy and fat Now they are many and MAD!

I am sorry, I have no time.

Where is time?

Between working in a factory and going and coming I have no time to think.

I am tired — I get home and fling myself into bed To look at television.

Ambition?

I am sorry, I have no time I do not want them to take my house away Sol vote to the right to the right I sell my vote — like shit! —

I never read the newspapers — they cost too much

I accept whatever the priest tells me.

I accept — I accept — I accept everything.

Here is the problem: To accept or not to accept?

                              To believe or not to believe?

Space or no space? Rat-rats-rats — movement Raaatsss!

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