Alberto Barbata

SAMUEL BUTLER ED HENRY FESTING JONES
UN PROFONDO SODALIZIO UMANO E CULTURALE

di Alberto Barbata

Gentili signori e signore, carissimi amici,

non è impresa di tutti i giorni organizzare, e specialmente in questa città, un convegno inter-
nazionale di filologia classica. Naturalmente il verificarsi di questo avvenimento costituisce
un grande merito per gli organizzatori e per coloro che da più parti del mondo si sono mossi
per venire nella terra dove sicuramente è nato uno dei più celebri poemi dell’antichità classica.
E certamente solo un poeta poteva essere il principale animatore di questo grande Convegno,
perchè i poeti conoscono profondamente che alle radici del mito e della poesia sta la costru-
zione della storia del mondo e della realtà del mondo. Per questo mi è doveroso ringraziare
l’amico Prof. Nat Scammacca, per come ha speso bene una larga parte della sua vita in questa
terra, in questa città.

E sono altresì convinto che felici sarebbero, in questo momento, di questo Convegno due
gentiluomini inglesi, il cui spirito certamente aleggia dolcemente sulle sabbiose rive di questo
mare, a pochi passi dal luogo dove Ulisse incontrò la gentile Nausica. Samuel Butler ed
Henry Festing Jones, i due grandi inseparabili amici, sono sicuramente tra di noi, magari
seduti laggiù in fondo alla sala, sorridenti e sornioni da buoni critici razionalisti che avevano
attaccato a lungo le basi della società vittoriana con una corrosiva satira che aveva messo in
discussione religione, morale, tradizioni, sentimenti della società inglese del loro tempo.

Mi corre, pertanto, l’obbligo di precisare due momenti importanti della mia vita che mi
spingono oggi a prendere la parola in questo Convegno. Conobbi presto, giovinetto studente
del Liceo “Ximenes” di Trapani, la teoria butleriana sull’origine siciliana di Omero e della
Odissea e l’argomento fu spesso luogo di diatriba e di allegra meditazione con i compagni ed i
miei insegnanti di filosofia e letteratura greca. Come accade spesso in questa città, che
soventemente dimentica il suo passato, la sua storia per mercantili accadimenti, la teoria
butleriana rimbalzava nel passato e nel presente, solo con radi articoli di stampa i cui autori o
erano facili denigratori o definiti come appassionati cultori di belle idee e ciò è dimostrato
ampiamente dagli scritti sull’argomento che vanno dal Mondello a Pietro Sugameli, da
Barrabini a Scammacca.

Nel 1968 l’editore trapanese, Celebes, sollecitato dai fratelli Barrabini, che avevano fatto parte
di quel gruppo di amici fraterni di Butler, pubblicava la traduzione in lingua italiana dell’ope-
ra dello scrittore inglese, “L’auirice dell’Odissea”, e collaborando in redazione editoriale con
l’editore, mi fu data occasione, correggendo le bozze di stampa, di conoscere in maniera più
approfondita l’opera e di restarne ancor più affascinato. Ma solamente più tardi, dopo aver
intrapreso lo studio sui viaggiatori stranieri in Sicilia e nella provincia di Trapani in particola-
re dal sec. XVIII ad oggi, conobbi le opere di Henry Festing Jones, maggior curatore delle
opere e biografo di Samuel Butler cui dedicò il volume fondamentale intitolato: “Samuel
Butler, Author of Erewhon, a Memoir”.

Henry Festing Jones è un intellettuale inglese, nato nel 1851 (sedici anni dopo Butler), la cui
vita cambiò radicalmente solo dopo il casuale incontro con il celebre scrittore, nel 1876, ad un
concerto.

La frequenza con il celebre polemista inglese, già affermato, si rafforzò solamente due anni
più tardi quando i due intrapresero un viaggio in Italia insieme per rivedere la cappella del
sacro Monte di Varese e le terracotte di Tabacchetti.

La rara sensibilità e discrezione di Henry colpirono la forte personalità di Butler, notoriamen-
te diffidente, in quel tempo in profonda crisi spirituale.

I                      due non riuscirono a fare a meno l’uno dell’altro, Festing si dedicò completamente a Butler,
ne divenne l’ombra inseparabile.

Lasciata l’avvocatura, Festing si dedicò definitivamente allo scrittore che ammirava profonda-
mente ed al quale lo legavano maggior più due elementi fondamentali: un brutto rapporto che
avevano i due con le loro famiglie ed una naturale e rilevante misoginia.

Festing si identificò totalmente in Butler che possedeva una genialità creatrice eccezionale
che lo ammaliava, in lui vedeva realizzate le sue potenzialità inespresse, insieme si completa-
vano e dal quel momento la vita di Henry fu più intensa e più vissuta. Si fecero compagnia
per un quarto di secolo, rare volte si separarono.

Per oltre vent’anni il Butler insieme a Jones (dal 1878 al 1901) vennero in Italia, attratti non
solo dall’arte e dal paese, ma soprattutto dal carattere del popolo italiano e Butler nella sua
opera “The Way of all Flesh” cap. 84 definisce l’Italia “la più vigorosa e amabile delle nazioni
moderne”.

Un giorno Butler che era un grande appasionato di disegno (i disegni e gli schizzi di Butler e
Jones non si distinguono l’uno dall’altro) e di musica ed in particolar modo di Handel, per il
quale aveva un vero culto, gli venne l’idea di comporre un oratorio intorno ad Ulisse. A tale
scopo studiò a fondo l’Odissea e gli nacque la convinzione che il poema fosse stato composto
da una donna, nativa di Trapani.

La teoria è esposta, come tutti sanno, nel “The Authoress of thè Odyssey”, pubblicata nel
1897, frutto di minuti studi topografici, dovuti al lavoro costante e attento di Henry Festing
Jones. Molti naturalmente non sanno che tutte le opere di Butler, dopo l’incontro con Jones,
sono largamente dovute al contributo di quest’ultimo, compresa certamente ed indiscutibil-
mente “L’Autrice dell’Odissea”.

L’ultimo viaggio di Butler, nel 1902, a Trapani ed in Sicilia fu compiuto senza l’amico e per
uno strano caso del destino Butler, contratta la malaria, morì alcuni giorni dopo essere rientra-
to a Londra.

II                   legame di Jones con la Sicilia e con Trapani non si interruppe con la morte di Butler, ma
continuò sempre per almeno altri venti anni.

Nel 1903 ritornò per consegnare alla città di Trapani il manoscritto de “L’Autrice dell’Odis-
sea”, conservato tutt’ora presso il Fondo Manoscritti della Biblioteca Fardelliana. Ormai solo,

  1. Festing Jones dedicò la sua vita a divulgare l’opera dell’amico ed il suo interesse culturale
    si spostò dallo studio della classicità e del mito a quello della vita e della cultura degli italiani
    e soprattutto all’osservazione attenta e gentile dei siciliani, dei loro costumi e tradizioni, seguì
    gli studi del Pitrè e di altri studiosi che avevano dedicato la loro vita alla demologia ed al
    folklore dell’isola. Colpisce nelle opere di Jones l’osservazione piena di intelligenza, vivacità
    e gentilezza pura della vita quotidiana dei siciliani e soprattutto delle classi lavoratrici, della
    gente più umile e indifesa.

Nel suo ultimo libro di viaggio, intitolato “Mount Eryx and other Diversions of Travel”,
pubblicato a Londra nel 1921 da Jonathan Cape, Henry Festing Jones parla a lungo dei suoi
amici trapanesi ed ericini, con i quali da lungo tempo aveva stretto vincoli di comparatico e
dice chiaramente che queste amicizie furono una felice conseguenza dell'”Odissea” anzi

sottolinea, riferendosi al libro di Butler “L’Autrice “, che questo ultimo è stato scritto a

Trapani e sul Monte Erice. Racconta a lungo del progetto di identificazione dei luoghi e delle
scoperte sul campo fatte, insieme agli amici trapanesi, da Butler. E parla dettagliatamente
della famiglia Barrabini, dal vecchio nonno Giannitrapani (l’avvocato) al padre dei due fratelli
Giuseppe e Vincenzo, continuatori del culto di Butler e della teoria, della famiglia Poma,
dell’avvocato Chizzoni, cugino dei Barrabini, degli orefici e corallai Lombardo, Giovannino e
Pietro figli del gioielliere Michele che avevano bottega tutti in via Argentieri e piazzetta

Notai, tra la fine del secolo scorso e gli inizi del novecento.

Ricorda tra gli altri, figure celebri come il fotografo Matera, il giornalista Gustavo Ricevuto,
fondatore poi della Casa Editrice Radio e Gaspare Bertolini, uno dei principali funzionari
delle tonnare Florio. Ad Erice poi è ospite gradito annualmente del farmacista Berto Augu-
gliaro e della sua famiglia, soprattutto gira e parla giornalmente con la sua guida, il figlioccio
decenne Luigino, un ragazzino con il quale apre profondi colloqui, di natura pedagogica,
sulla storia del mondo.

Un libro questo “Mount Eryx” che andrebbe ristampato e usato nelle scuole trapanesi come
libro di lettura per la scuola media e che purtroppo giace nell’oblio come tante cose di questa
città, arrivata ormai al degrado sconvolgente di questi ultimi decenni, con una memoria
collettiva tradita e quasi perduta.

Ascoltiamo ora il colloquio, al Balio, tra Luigino Augugliaro ed il suo padrino Henry Festing
Jones.

“Adesso guardiamo le isole, iniziando da Marettimo”.

“E1 quella al l’orizzonte”.

“La più alta di tutte sul mare verso Ovest, come Butler soleva dire, citando dall’Odissea. Sei
già arrivato all’Odissea, Luigino?”.

“Che cosa è questa Odissea?”.

“E’ un poema in greco e scritto da una donna di qui e nata quaggiù a Trapani, circa mille anni
prima di Cristo, cioè circa tre mila anni fa, o a metà dei seimila anni che abbracciano la storia
del mondo che stai imparando. Non ci sei ancora arrivato sin’ora.”

“Non ancora; e non credo che ci arriverò mai, perchè le donne non scrivono libri di poesia.”
“Ella lo ha scritto. Era la figlia del re che regnava giù a Trapani in quei giorni. Egli può essere
stato uno dei tanti antenati – probabilmente lo era, e in quel caso ella deve essere stata una
delle tue lontane bisnonne. Si chiamava Nausica. Ella usciva con le sue ancelle e lavava i
panni presso la Tonnara di San Cusumano, il posto più vicino dove poteva trovare dell’acqua
fresca, e là ella incontrò Ulisse e fu gentile con lui.”

“Che sciocchezze racconti, padrino.”

“Niente affatto. C’è la nave di Ulisse; puoi vederla da te stesso nel mare laggiù, proprio quel
puntino là.”

“Dove? Che cosa vuoi dire? Non c’è alcuna nave.”

Lontano sotto i nostri piedi sul promontorio che protende dalla Montagna e tende in alto
verso l’orizzonte e i gabbiani si trovava Trapani. Ogni cosa nella città era chiaramente definita
– le strade e le case, le chiese, i monasteri, le caserme, i palazzi, la stazione ferroviaria, il
porto pieno di navi, i magazzini pieni di vino, di sale, di tonni, di olio.

“Vedi Trapani, Luigino,” dissi.

“Sì, laggiù.”

“Giusto. Ora guarda il punto, e proprio a destra di esso, sul mare, c’è qualcosa. 11 tuo antenato,
il re di questo paese diede in prestito ad Ulisse una nave sulla quale egli ritornò a casa, a
Itaca. Nettuno si arrabbiò molto per questo e, quando la nave ritornò, la trasformò in uno
scoglio ed eccolo là. Non è una prova?.”

“Quella roccia è lo Scoglio di Mal Consiglio”.

“Certo che lo è: lo Scoglio di Mal Consiglio perchè fu un cattivo consiglio seguito. Nettuno
non voleva che Ulisse ritornasse a casa.”

“Perchè nò?.”

“Oh. è troppo lungo dirti di più adesso.”

“Ciò perchè non riesci a pensare ad altre cose. Io credo che tu te lo stai inventando tutto

adesso.”

“Va bene, ma tu ti accorgerai che non lo sto facendo. Lo capirai col tempo. E’ parte della

 

storili del inondo, sebbene forse te In insegneranno in modo piuttosto diverso…………………………………

Illuminante pagina di una rarefatta bellezza. I n colloquio di grnndc saggezza, tra il settanten-
ne scrittore inglese ed il giovanissimo bambino siciliano. Tutta la sua opera, dal “Diario di
Viaggio dal Nord llalia alla Sicilia” del 1904 alle “Digressioni sulla Sicilia” del 1909 per
arrivare a questa ultima opera sul Monte Erice e I rapaci, è cosparsa di pensieri che lo riporta-
no costantemente alla sua esperienza di vita con il grande Butlor, il suo amico al quale aveva
dedicato la sua vita.

A tratti una tenerezza ed una tristezza sulle cose del mondo c sul destino dell’uomo lo attana-
glia e lo fa sentile sperduto nella sua profonda solitudine, appena sollevato dalla gioia di
incontrare i numerosi amici siciliani che lo festeggiano e lo circondano di numerose premure
affettuose. Cronista semplice, senza pregiudizi sull’anima del popolo siciliano, ne racconta la
vita con grazia che conquista indissolubilmente, lasciando un ricordo di grande testimone di
un tempo ormai perduto.

Credo che una piccola comunicazione come la mia, in questo Convegno, non possa fare luce
totale su questo grande sodalizio umano e culturale che legò i due scrittori inglesi, ma spero
di avere contribuito a gettare un sassolino prezioso nello stagno dell’indifferenza in cui versa
il ricordo dei due personaggi nella nostra città. Henry Festing Jones ricorda nel suo libro
“Diversions in Sicily”, parlando di Calatalìmi c della sua grande festa patronale, che in quella
città il ricordo di Mutici era ancora vivo e profondo, siamo ncU’anno 1909, e infatti, una
strada cd un albergo portavano il suo nome. Spero che questo primo Convegno internazionale
sull’origine siciliana dell’Odissea, costruito con tanta poesia, possa continuare nel tempo e che
questa antichissima ed illustre città possa ricambiare l’onore altissimo che le è stato tributato
da questi due grandi scrittori, il geniale Samuel Butler ed il sensibile e puro Henry Festing
Jones